Al giorno d’oggi, viviamo in un mondo nel quale gli algoritmi guidano la maggior parte delle nostre scelte: dai video che guardiamo su YouTube alla musica suggerita su Spotify, passando per i prodotti che compriamo su Amazon e persino le notizie che leggiamo. Ma c’è una questione che emerge sempre più frequentemente: questi algoritmi ci aiutano a scoprire ciò che vogliamo davvero, o ci spingono verso ciò che è più conveniente per loro?
Qual è la logica dietro agli algoritmi?
Nello specifico, gli algoritmi non sono altro che formule matematiche progettate per analizzare dati e prendere decisioni. Su piattaforme online, come Amazon, TikTok, Spotify, Instagram o Facebook, il loro obiettivo è chiaro: tenerci incollati a loro il più a lungo possibile. Per fare ciò, monitorano ogni nostra interazione:
- Quanto tempo passiamo su ogni contenuto.
- Se mettiamo like, commentiamo o condividiamo.
- Quali argomenti ci interessano di più (anche inconsciamente).
A primo impatto, risulterebbe essere un sistema perfetto: i contenuti proposti dovrebbero essere sempre più in linea con i nostri gusti. Ma è realmente così?
La bolla algoritmica
Uno degli fenomeni più discussi è la filter bubble. Gli algoritmi tendono a mostrarci contenuti simili a quelli che secondo il loro meccanismo abbiamo già apprezzato, andando a creare un ambiente dove le linee di pensiero opposte alle nostre o le novità possono essere completamente escluse. Tutto questo può avere conseguenze importanti:
- Riduzione della diversità di contenuti: scopriamo sempre meno cose nuove.
- Polarizzazione: tendiamo a circondarsi solo di idee che confermano le nostre convinzioni.
- Dipendenza: l’algoritmo capisce esattamente cosa ci intrattiene e lo sfrutta per catturare la nostra attenzione.
- TikTok e i “per te”: TikTok è particolarmente noto per il suo algoritmo estremamente preciso: dopo pochi minuti di utilizzo, sembra conoscere perfettamente i nostri interessi. Ma cosa succede quando l’algoritmo sbaglia? Diversi utenti si lamentano di non riuscire più a correggere l’algoritmo, finendo intrappolati in una serie di contenuti a cui non sono interessati.
- Amazon e i suggerimenti di acquisto: la piattaforma non solo suggerisce prodotti basandosi su acquisti precedenti, ma tende a favorire anche ciò che è più redditizio per lei. Questo significa che non sempre vediamo le opzioni migliori o più adatte a noi.
- Spotify e le playlist personalizzate: Spotify è noto per le sue playlist personalizzate come “Discover Weekly” o “Release Radar”, progettate per farci scoprire nuovi artisti. Tuttavia, molti utenti lamentano che l’algoritmo propone insistentemente brani fuori target, spesso lontani dai generi preferiti. Questo può generare frustrazione, soprattutto quando le scelte sembrano più legate alla promozione di determinati artisti che a una reale comprensione dei gusti dell’utente.
- YouTube e il caso dei “rabbit holes”: YouTube è stata spesso criticata per la tendenza dei suoi algoritmi a spingere gli utenti verso contenuti estremi o sensazionalistici, in un fenomeno noto come “rabbit holes”. Questo accade quando, partendo da un video innocuo o generico, l’algoritmo suggerisce progressivamente contenuti più radicali o controversi, come teorie complottiste o video politicamente polarizzati. L’obiettivo è trattenere l’utente il più a lungo possibile sulla piattaforma, ma il risultato può essere una distorsione nella percezione della realtà e una potenziale radicalizzazione delle opinioni. Questo meccanismo solleva interrogativi importanti sull’etica degli algoritmi e sull’impatto che possono avere sulle dinamiche sociali e individuali.
Algoritmo o libero arbitrio?
Oggi il grande dilemma è quello di comprendere dove finisce la nostra capacità di scelta e dove inizia la “manipolazione”. Se da una parte gli algoritmi ci semplificano la vita, dall’altra rischiano di renderci passivi. Questo provoca delle conseguenze sempre più radicate nella nostra società:
- Smettiamo di esplorare attivamente.
- Ci fidiamo ciecamente di ciò che ci viene mostrato.
- Perdiamo la capacità di distinguere tra ciò che desideriamo veramente e ciò che ci viene imposto.
Come possiamo reagire?
- Comprendere gli algoritmi ed sviluppare consapevolezza.
- Cercare contenuti fuori dalla nostra zona di comfort, spezzando le abitudini.
- Scegliere attivamente quanto tempo impiegare online e non lasciarci guidare passivamente.
Conclusione
Gli algoritmi sono strumenti potenti, ma il loro impatto sulla nostra vita dipende da come li utilizziamo. La prossima volta che scorri il feed di un social o scegli una serie da guardare, chiediti: “Sto davvero scoprendo qualcosa di nuovo o sto solo seguendo il percorso che qualcun altro ha deciso per me?”. La risposta potrebbe sorprenderti.
Approfondimenti:
- Mozilla Foundation. (2021). “YouTube Regrets”: A crowdsourced investigation into YouTube’s recommendation algorithm.
- Petrescu, M., Krishen, A.S. The dilemma of social media algorithms and analytics. J Market Anal 8, 187–188 (2020). https://doi.org/10.1057/s41270-020-00094-4
- Ross Arguedas, A., Robertson, C., Fletcher, R., & Nielsen, R. (2022). Echo chambers, filter bubbles, and polarisation: a literature review . Reuters Institute for the Study of Journalism.
- The Social Dilemma. (2020). Netflix.

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